Innovate to Renovate

Just to let you know I published another article in the October issue of the magazine L’architetto. The issue is dedicated to the regeneration of historic city centres and existing building stock in general, featuring a nice bird-eye view of Mantova in the cover, a passionate editorial of Vittorio Gregotti and several other interesting contributions.
My short article is about innovation in the retrofitting process of social housing stock and how architects should be involved in this process. The occasion was given by SHELTER, an Intelligent Energy Europe funded project to which the Architects’s Council of Europe actively participated with Project Officer Eleni Goni.
Aim of the project was to investigate and test various kind of project procurement and management methods and assess which one proved to be the most effective one. The investigation field was energy efficiency retrofitting schemes for the social housing sector. Pilot projects were tested in Italy (Arte Genova), Bulgaria, France, UK and Belgium. The project was coordinated by Logirep with scientific support by OTB research institute at TU Delft.
Among the tangible outputs of the projects you can read here the Guide “Innovate to Renovate” and the “recommendations for public authorities“.
Below you will find the text of the article. As you can see in my opinion it is crucial that architects take part and have a say in these projects, because their outputs affect professional practices now and in the future. This is a challenge professional bodies have to face, joining debate with other stakeholders of the building sector and civil society.
Innovare il processo per ristrutturare il patrimonio edilizio
Come abbiamo già visto nell’articolo precedente l’obiettivo di programmi quali Intelligent Energy Europe IEE o dei programmi di cooperazione territoriale come URBACT non deve essere confuso con quello dei programmi di ricerca e innovazione. I primi mirano alla più ampia diffusione di soluzioni tecnologiche reperibili sul mercato, oppure al trasferimento di pratiche e meccanismi di governance sperimentate con successo in alcune realtà istituzionali verso altre che ne possono trarre benefici. In altre parole, si tratta di mettere in rete la conoscenza per evitare di reinventare la ruota ogni giorno.
Il coinvolgimento degli architetti in questi progetti è auspicabile almeno per tre motivi. Innanzitutto la nostra categoria deve (ancora) dimostrare di essere parte integrante della realtà economica e sociale dei nostri paesi e di non esercitare solamente “l’arte di sprecare spazio” (P.Johnson). In secondo luogo perché siamo gli unici ad avere allo stesso tempo competenze tecniche specifiche e la visione di insieme. Una capacità che troppo spesso gli architetti stessi tendono a trascurare a vantaggio di visioni di natura settoriale. In terzo luogo gli architetti devono partecipare alle decisioni che determinano le condizioni di esercizio della professione per tutelare quel poco di mercato che ci resta. Se non lo facciamo noi, non possiamo aspettarci che lo facciano altri!
Prendiamo ad esempio il progetto SHELTER, cofinanziato dall’UE, al quale ha partecipato il Consiglio europeo degli architetti ACE-CAE. La finalità del progetto che si è concluso da pochi mesi, è stata quella di promuovere le migliori forme di cooperazione tra i vari soggetti della riqualificazione energetica del patrimonio di edilizia sociale, con particolare attenzione all’integrazione architettonica delle soluzioni tecnologiche.
I partner del progetto erano in larga maggioranza gestori del patrimonio di edilizia sociale provenienti da Bulgaria, Regno Unito, Francia, Italia, Belgio. Completavano la partnership oltre all’ACE-CAE, la Confederazione di imprese di costruzioni EBC, il Cecodhas/Housing Europe che rappresenta gli enti per l’edilizia sociale e l’Istituto di ricerca OTB del Politecnico di Delft.
Il progetto si è basato sulle esperienze dei partner e su un campione di interviste con l’obiettivo di individuare quali fossero le forme di cooperazione correnti e una loro valutazione comparativa. A seguito di questa valutazione preliminare i soggetti si sono impegnati ad avviare interventi secondo rinnovate modalità in accordo con i risultati del progetto.
Le procedure di ristrutturazione edilizia sono state schematizzate in 4 tipologie: 1) ristrutturazioni “passo dopo passo” ovvero i classici interventi incrementali: sostituzione infissi, isolamento solai, sostituzione caldaia ecc. 2) “progetto, gara, costruzione” la tipologia forse più nota agli architetti in cui gli attori mantengono ruoli e competenze distinte anche se l’intervento è unitario; 3) “appalto integrato” (Design and Build) che si è affermato negli ultimi anni, specie negli appalti pubblici mettendo in grave difficoltà la figura del progettista indipendente, 4) “appalto integrato di costruzione e gestione” (Design, Build and Management) che vede l’impresa di costruzione estendere le sue competenze nella gestione e manutenzione dell’edificio per un certo numero di anni.
Come era facile prevedere l’orientamento degli enti di gestione del patrimonio di edilizia sociale e anche quello dell’ente di ricerca universitario è stato fin dall’inizio favorevole all’ultima e più recente modalità, sperimentata in alcuni insediamenti francesi. L’argomento principale a favore di questa tipologia di intervento è il legame diretto che si instaura tra ristrutturazione e performance energetica, che poi è il punto chiave del cosiddetto “Energy performance contracting” EPC. In pratica al contratto di ristrutturazione si unisce quello per la fornitura energetica con l’obiettivo di dilazionare il pagamento dell’intervento all’interno della bolletta energetica. In questo modo si evita che un eventuale divario tra la performance prevista e quella effettiva sia a carico dell’utente e in ultima analisi si cerca di ottimizzare il risultato finale.
Ma a che prezzo? Che ruolo avrà l’architetto tra le esigenze del proprietario/gestore del patrimonio edilizio, l’impresa di costruzioni e il fornitore di servizi per l’energia? In una configurazione del genere, quali leve restano in mano allo studio professionale per affermare le ragioni del progetto? Oltre a dipendere dall’impresa di costruzioni siamo destinati a subire anche le varie esigenze delle utilities?
Partecipando a questo progetto con il suo project officer Eleni Goni, l’ACE-CAE ha affermato la centralità del progetto come momento di integrazione delle varie esigenze e unica garanzia di qualità, in qualsiasi configurazione contrattuale, in virtù delle competenze sopra citate.
La rivendicazione di questo ruolo non può che avvenire a livello locale, nelle sfide quotidiane con i singoli committenti e progetti per le quali gli architetti devono essere attrezzati. Un ulteriore motivo motivo, se ce ne fosse bisogno, per dare spessore concreto ai nuovi obblighi di formazione professionale permanente.